A MARE L’AMICHETTISMO. CONQUISTIAMO DA SARDI IL DIRITTO ALLA MOBILITÀ
Partiamo da un dato che Alessandra Todde rimarca con costanza nei suoi incontri in giro per l’isola. La Spagna spende per la continuità delle Baleari 200 milioni, la Francia per quella della Corsica 300 milioni. L’Italia per quella della Sardegna quasi nulla. I soldi per la continuità li mettiamo soprattutto noi. Lo ha ricordato anche Paolo Truzzu in una sua intervista all’Unione. Cosa meritevole. Solo che il rimedio proposto era sbagliato: “coinvolgere Roma” perché ci aiuti. Un modo sottile per invitare a votare lui che oggi ha buone amicizie a Roma. Ancora? Non sono bastati tutti i “governi amici” che non ci hanno dato nulla finora? Non si è ancora capito che il governo italiano va sempre trattato come una controparte? Nemmeno i ricorsi dell’appena insediato governo italiano di destra contro il governatore sardo di destra hanno insegnato nulla?
Va bene che Truzzu non vuole apparire come il sostituto di Solinas ed è lì per provare a far scordare in un mese il disastro degli ultimi cinque anni. Ma non tutti scordano. E nemmeno si può scordare che da sempre lo Stato ricorre contro la Sardegna mentre la classe dirigente sarda per decenni e decenni non è mai ricorsa contro lo Stato: un assurdo, unilaterale, dannoso, patetico amichettismo.
Forze Paolo Truzzu non ha vissuto a Roma per vent’anni come il sottoscritto e dunque non ha avuto modo di apprezzare la saggezza popolare del luogo: “amici amici, amici ar ca’!”. Provi a chiedere la spiegazione a quella Giorgia Meloni che, guarda caso, attorno a sé non ha amici ma parenti.
Insomma, i soldi le Baleari e la Corsica li hanno ottenuti perché non hanno chiesto aiuto ma hanno mandato segnali d’indipendenza: terre che nello Statuto o nella prassi si sentono nazioni a parte, che esprimono classi dirigenti non subalterne, popoli che parlano lingue diverse da quelle dello Stato ecc. È questa diversità che costringe lo Stato a trattare, non l’amicizia. Del resto, non è d’uso chiedere agli amici un sacrificio più di quanto non lo si chieda agli estranei?
L’Unione Europea, un altro di quegli attori con cui bisogna saper negoziare avendo autorevolezza e fegato saldo, un’apertura sulla deroga alle regole sulla concorrenza che sono uno degli ostacoli alle nostre politiche sulla mobilità, l’ha fatta guarda caso quando Baleari, Corsica e Sardegna, fra 2014 e 2019, hanno iniziato a lavorare insieme, sganciandosi dalle “protezioni” dei rispettivi Stati e facendo sentire la propria voce, agendo con spirito d’indipendenza. Non a caso il campo largo guidato da Alessandra Todde propone di rilanciare quel Patto delle Isole per costituire una Macroregione del Mediterraneo Occidentale. Perché è ora di avere una nostra politica estera, mediterranea ed europea. Perché è solo mettendo pressione sull’UE e sui rispettivi Stati che le isole possono fin da subito contare e far valere i propri interessi.
E poi bisogna saper immaginare altri strumenti per affermare il nostro sacrosanto diritto alla mobilità. Perché i soldi potrebbero arrivare e non bastare. E se arrivano dobbiamo essere noi a governarli, come ha fatto la Collettività di Corsica con Air Corsica.
Basti pensare a cosa ha detto l’AD di RyanAir: per aumentare l’investimento in Sardegna a loro basta che noi tagliamo le tasse aeroportuali. Se fossimo capaci di ascoltare ci renderemmo conto che a volte la chiave non sta nei soldi dati ma in quelli fatti risparmiare: la chiave sta in una fiscalità attrattiva per le compagnie aeree. Una fiscalità su cui noi possiamo agire, perché ne abbiamo facoltà attraverso lo Statuto sardo, e che per noi sarebbe a costo zero, visto che oggi, dalle tante compagnie che volano sulla Sardegna e grazie alla Sardegna noi non incassiamo nulla.
Se per una compagnia aerea può essere attrattivo il solo taglio delle tasse aeroportuali consideriamo quanto può essere attrattivo un regime fiscale vantaggioso per chi stabilisce la propria sede fiscale in Sardegna: un trattamento da erogare attraverso il credito d’imposta e a fronte del contenimento del prezzo dei biglietti e del reinvestimento di parte degli utili nell’isola in termini di lavoro e ricerca.
Far valere la nostra diversità davanti allo Stato per ottenere risorse. Fare politica estera per ottenere regole europee che salvaguardino i nostri diritti di cittadinanza. Mettere in campo politiche fiscali di breve e lungo periodo basandoci sui nostri poteri. Fare in modo che, da dovunque provengano le risorse, la governance e la pianificazione strategica siano nelle nostre mani. Sono strade da percorrere in parallelo perché il tema trasporti è tanto centrale quanto complesso.
L’unica strada che non dobbiamo percorrere è quella fallimentare dell’attesa di governe amici, dell’amichettismo che ha prodotto solo danni, frustrazioni, immobilismo, subalternità.
A innantis!
Franciscu Sedda